I RICCHI E I POVERI
di Sergio Sollima



Abbiamo già esaminato le molte ragione per cui i film americani si svolgono nella loro grande maggioranza in ambienti alto borghesi ed i loro protagonisti appaiono privi di qualsiasi preoccupazione finanziaria. Di solito la posizione privilegiata di questi personaggi non influisce direttamente nella vicenda e non motiva le loro azioni più importanti ma a volte si. Non è una visione classista e nemmeno un riconoscimento dell’esistenza delle classi, ma un’ammissione del problema economico come tale. Questo avviene naturalmente anche nel genero opposto, quello cioè di ambiente popolare ed in quello nel quale le due categorie ricchi e poveri, hanno dei contatti.

In questo ultimo anzi troviamo film di qualche interesse come Incantesimo, Accadde una notte, Un colpo di fortuna, Primo amore (di Stevens), La donna di platino (ed in genere i film di Capra), Se avessi un milione ed altri minori come La donna che voglio con Tracy e la Crawford, Difendo il mio amore con Bob Taylor e Loretta Young, Milionario su misura con Flynn e Joan Blondell, L’amore è novità con Power e la Young, La signora della 5ª strada con Dick Powell e Madeleine Carroll, Il primo bacio con la Durbin, Allora la sposo io con Danielle Darrieux e Douglas Fairbanks, il vecchio Fast and Loose con Miriam Hopkins e Charles Starrett, e moltissimi altri.

Tutti questi non sono in fondo che variazioni moderne della favola di Cenerentola e del Principe Azzurro che si è rivelata di una utilità straordinaria per i signori del cinema americano.

Altra caratteristica comune alla maggioranza dei film di questo genero è quella di essere delle commedie. Quei rari che sono drammatici rientrano piuttosto nella categoria precedente, dei film cioè con una visione almeno superficialmente classista. Un esempio tuttavia di commedia che tocchi l’argomento ricchezza-povertà con la forza necessaria ad arrivare alla satira è L’impareggiabile Godfrey di La Cava, la cui violenta denuncia sociale è stata parzialmente attutita dal gran numero di commedie affini che si sono già viste e con le quali ha potuto essere confuso, ma dalle quali invece differisce nella sostanza, proprio per la sua posizione oggettiva e quindi satirica, di certa società americana.

Meno preciso nella direzione del suo attacco, ma altrettanto e forse ancor più virulento, è Nulla sul serio di William Wellman. Sarebbe interessante conoscere la reazione dei nostri posteri, fra cinquecento o mille anni, davanti a queste due manifestazioni degli uomini del XX secolo. C’è da augurarsi che essa non sarà diversa da quella nostra di fronte alle singolari abítudini degli uomini delle caverne.


(Il cinema in U.S.A. Roma: Anonima veritas editrice, 1947, pp. 204-206)

 

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