BETTE DAVIS
di Sergio Sollima



L’elemento « fortuna », che entra nella carriera di ogni attore, entrò in quella di Bette Davis lo stesso giorno della sua nascita, nell’aprile del 1908, e precisamente facendola nascere brutta. Con l’incoscienza che caratterizza le donne giovani, Bette cerco, durante i primi anni di lavoro ad Hollywood, di disperdere ai venti questo suo tesoro. Ma fortunatamente senza risultati efficaci. Le prime fotografie ce la mostrano grassottella, con i capelli ossigenati, astute truccature ed in atteggiamenti provocanti. A dire il vero, con ogni probabilità, non era la sua incoscienza a spingerla sulla via del male, ma quella dei suoi produttori. Al cinema ella arrivò dopo alcuni anni de lavoro a Broadway. Non era una « stella » famosa, ma aveva lavorato duramente in compagnie serie, fra l’altre quella ibseniana di Blanche Yurka, allora una delle maggiori attrici dei palcoscenici americani. Comunque si era fatta le ossa ed aveva imparato la tecnica. Venne scritturata dalla Warner e, caso veramente eccezionale, è rimasta fino ad oggi fedele a questa casa. Gli inizi in cinema non furono sensazionali: piccole parti di fianco in film anche sostenuti da attori famosi: si vedano The Cabin in the Cotton (Tentazioni, 1932) di Michael Curtiz, accanto a Richard Barthelmess e Dorothy Jordan; The Crowd Roars (L’urlo della folla, 1932), accanto a James Cagney e Ann Dvorak[1]. La prima volta che apparve come principale interprete femminile fu in 20,000 Years in Sing Sing (20.000 anni a Sing Sing, 1932), ancora di Curtiz. Accanto a Spencer Tracy ed in un film a forti tinte, cominciarono a spuntarle gli artigli. Ma fu solo con Of Human Bondage (Schiavo d’amore, 1934) diretto da John Cromwell, che la Davis si impose alla critica ed al pubblico di tutto il mondo come un’attrice di sorprendente potenza drammatica. Ella stessa, quando parla di quell’interpretazione si limita a ricordare il duro allenamento compiuto per imparare il dialetto « cockney » e lo studio dell’ambiente londinese. Ma in realtà fece molto di più: creò un personaggio vivo con una sua psicologia ed una sua moralità, un suo modo di camminare e di guardare. La modesta statura artistica di Cromwell ci permette di non avere dubbi sul merito effettivo di questa creazione. Non va dimenticato, piuttosto, il contributo offerto dalla vicinanza di Leslie Howard. Quell’anno la statuetta dell’Oscar andò a Claudette Colbert per la sua interpretazione di It Happened One Night (Accadde una notte), ottima senza dubbio. Ma di classe assolutamente diversa. La Bette ottenne questo premio (che in quell’epoca aveva ancora una parvenza di serietà), l’anno seguente, con Dangerous (Paura d’amare, 1935). Prima però aveva interpretato un film accanto a Paul Muni, Bordertown (Il selvaggio, 1935). Utile esperienza anche il lavoro con Muni. Dangerous, diretto da Alfred Green, non era un film d’eccezione ma un buon dramma con alcune note psicologiche ben studiate. Il « partner » di Bette era Franchot Tone, bravo ma surclassato da lei. Il gradino seguente fu The Petrified Forest (La foresta pietrificata, 1936), dalla commedia di Sherwood, diretto da Archie Mayo con Leslie Howard e il debuttante « a sorpresa » Humphrey Bogart. Ancora accanto ad Howard ed ancora diretta da Mayo, appare nel divertentissimo It’s Love I’m After (Avventura a mezzanotte, 1937). A questo punto il personaggio Davis è già completo. Mi sembra che esso presenti nei confronti degli altri, un elemento essenziale: la modernità. La Garbo, che aveva appena finito Margherita Gauthier, era l’ultimo esponente del « divismo » e del romanticismo ottocentesco o per lo meno anteguerra e viveva all’insegna della « Passione » anche quando chiedeva le sigarette. Marlene era da poco uscita definitivamente dalle mani di Sternberg con Capriccio spagnolo e continuava a vivere di rendita su L’angelo azzurro. Era apparsa da poco Mae West la quale si era programmaticamente proposta un ritorno all’ottocento. Apparentemente più moderna era invece la Hepburn. Ma solo apparentemente, e questo lo capivano tutti gli studenti di liceo che sospiravano per la dolce Jo di Piccole donne o per Alice Adams e sognavano l’Amore con l’A maiuscola. Era venuta su la Lombard che della donna moderna aveva colto a meraviglia l’elettricità nevrotica e l’accelerato ritmo di sentimenti e di emozioni. La Harlow e sopratutto la Crawford avevano creato pure dei personaggi di ragazze moderne, tipicamente americane, però, impegnate in una dura lotta quotidiana per la vita. Ma Bette Davis è stata la prima che abbia creato una figura completa di donna moderna con il suo apparente cinismo e la sua fondamentale dolcezza, con un vivo senso di umorismo ed una profonda, ineliminabile tristezza, con le sue debolezze improvvise e le sue inesauribili capacità di recupero. Le varie vicende di questa figura femminile ebbero nuovi sviluppi nei film seguenti: Marked Woman (Le cinque schiave, 1937), Kid Galahad (L’uomo di bronzo, 1937) di Curtiz accanto a E. G. Robinson e Wayne Morris. Nel 1938, unico caso oltre Luise Rainer e Spencer Tracy, Bette vinse per la seconda volta l’Oscar per la sua interpretazione di Jezebel (La figlia del vento) di nuovo vicino ad Henry Fonda. Questa, fra l’altro, fu una delle pochissime volte che ella ebbe un regista veramente significativo, William Wyler: di solito sono onesti mestieranti che la dirigono. Tornò con Wyler per interpretare un’altra opera della Hellman: The Little Foxes (Piccole volpi, 1941). Da qualche anno, a giudicare almeno dai film venuti in Italia, le sono mancate occasioni importanti, se si eccettui forse The Corn Is Green (Il grano è verde, 1945) dalla commedia di E. Williams. Per esempio Deception (Il prezzo dell’inganno, 1946) di Irving Rapper con Paul Henreid è un film mediocre.

Bette Davis resta comunque una delle più grandi attrici del cinema mondiale. Ella è anche una « diva » nel senso morale della parola, con una « macchina » dietro. Ma, a differenza di quasi tutte le sue colleghe, anche le migliori, Bette ha saputo sempre conservare la sua indipendenza creatrice. La « Macchina Davis » non si è mai impadronita della carriera di Bette Davis, attrice.


Nota:


[1] Sollima ha confuso Joan Blondell, che ha lavorato al fianco di James Cagney e Ann Dvorak nel film di Howard Hawks, con Bette Davis, che non ha partecipato a L’urlo della folla. [N.T.]


(Cinema, nuova serie, vol. 2, n. 19, giugno 1949)

 

VOLTAR AO ÍNDICE

 

 

2016/2021 – Foco